Amo i libri.
Li amo per le loro
consistenze così diverse: snelli o corpulenti che quasi ti fanno presagire le
pieghe delle storie che raccontano. Mi lascio ammaliare da toni sfacciati di
copertine sgargianti o dalle miti sfumature di quelle più timide. Ammetto di
preferire le rigide alle flessibili: anche perché io, i libri, li porto ovunque
soprattutto in borsa; e poi li sottolineo ed appunto dalle posizioni più
improbabili, soprattutto da quelle orizzontali di letture notturne o domenicali
sprofondate nel divano, ed allora ammetto che quelle rigide mi agevolano
notevolmente nell’impresa.
Li amo tenere tra le mani, sfogliare
e sistemare.
Ho scaffali in perenne movimento e più passano gli anni e più il numero aumenta e più questi movimenti diventano imprese titaniche da programmare con congruo anticipo, possibilmente nei periodi di ferie. E mi ritrovo alla fine delle ferie con libri ovunque che mi ci vorrebbero almeno altre due settimane, una per capirci qualcosa ed un’altra per riprendermi dalla fatica del trasloco.
Ho scaffali in perenne movimento e più passano gli anni e più il numero aumenta e più questi movimenti diventano imprese titaniche da programmare con congruo anticipo, possibilmente nei periodi di ferie. E mi ritrovo alla fine delle ferie con libri ovunque che mi ci vorrebbero almeno altre due settimane, una per capirci qualcosa ed un’altra per riprendermi dalla fatica del trasloco.
Sistemarli per dimensione o per
colore? C’è chi lo fa anche per autore.
Non credo di avere un criterio predefinito di collocazione: questo si adatta in modo armonico a seconda dei nuovi arrivati. Un po’ come quando arriva un ospite inaspettato a cena: un po’ ci si stringe, anche se non si riesce più a sgomitare o ad accavallare le gambe sotto il tavolo; in alcune cucine esistono meravigliosi tavoli che si allungano ed allora tutto diventa più comodo, ma la gioia di un ospite gradito è sempre fonte di sorrisi e motivo di brindisi. Così come quando è un nuovo libro ad arrivare: non sono ancora arrivata al punto di brindare ma di certo sorrido molto.
Non credo di avere un criterio predefinito di collocazione: questo si adatta in modo armonico a seconda dei nuovi arrivati. Un po’ come quando arriva un ospite inaspettato a cena: un po’ ci si stringe, anche se non si riesce più a sgomitare o ad accavallare le gambe sotto il tavolo; in alcune cucine esistono meravigliosi tavoli che si allungano ed allora tutto diventa più comodo, ma la gioia di un ospite gradito è sempre fonte di sorrisi e motivo di brindisi. Così come quando è un nuovo libro ad arrivare: non sono ancora arrivata al punto di brindare ma di certo sorrido molto.
Credo di mostrare tutti i sintomi di una
tossicodipendenza quando entro in libreria: vago per un tempo che a me sembra
minimo ma che da occhiate eloquenti e sbuffi non troppo celati dei miei
malaugurati accompagnatori, è sempre ben oltre il limite massimo di
sopportazione di chi non presenta i miei stessi sintomi. Per cui in libreria
preferisco andarci da sola e perdermi, faticando poi a trovare la via d’uscita.
Ma quando ne esco con borse pesanti neanche fossero fatte di cemento armato, mi
sembra quasi di respira per la prima volta ed il ritorno a casa è leggero e
pieno d’entusiasmo nel pregustarmi la conoscenza con i nuovi arrivati.
Perché l’incontro con un nuovo
libro è un po’ come un atto d’amore: ci sono i preliminari di uno sfogliamento
lento e non troppo approfondito perché hai paura di anticipare i tempi e non
vuoi rovinarti la sorpresa. Ma poi quando trovi il giusto incastro di tempo e
posizioni, tutto scorre fluido fino a diventare un avvinghiamento quasi morboso.
Anche quando inizi a presentare i primi sintomi di cedimento fisico sai di non
poter perdere il ritmo perché senti di essere vicino al raggiungimento di quell’apice
che svelerà il motivo del vostro incontro! E di questi momenti, spesso in un
unico libro ce ne possono essere più di uno. C’è poi l’avvio alla conclusione
come planare dolcemente su acque tranquille: tutto il fervore dell’incontro si
placa i sensi si distendono e puoi finalmente assaporarti l’atto che è stato.
Che non è sempre detto che sia un orgasmo di quelli da urlo, ma infondo alla
fine poco importa: è stata comunque un’esperienza che valeva la pena di essere
vissuta.
Io i miei partner li trovo a
pelle, non solo perché mi piace sfiorarli, ma perché preferisco lasciarmi
ispirare da ciò che hanno da suggerirmi:
che sia un titolo, una copertina o semplicemente una parola. In genere
non prediligo le novità: troppe chiacchere e troppe aspettative. Preferisco
lasciar decantare il loro momento di clamore, soprattutto se successi troppo
annunciati, e poi avvicinarmi a loro quando le luci della ribalta si sono
spente. Che se sono stelle la loro luce non si affievolisce solo perché è
passato qualche mese dal loro debutto anzi, di solito un buon libro è come un
buon vino: più invecchia meglio è.
Per quanto compulsiva
nell’acquisto, non sono una lettrice particolarmente vorace. Per me la lettura
è un atto che va dosato secondo l’umore ed il tempo, non solo quello
cronologico, ma anche quello atmosferico e soprattutto emotivo. Mi piace che di
ciò che leggo mi rimanga una traccia e col tempo ho capito che per questo è
appunto il tempo che mi ci vuole. Anche se poi arrivano folgorazioni che mi
brucio in una notte.
Ho liste interminabili di titoli
che vorrei leggere ed anche senza queste ho già comunque più libri di quanti se
ne possano leggere in una vita o forse due. Ma non me ne faccio un cruccio. Per
me sono comunque un patrimonio prezioso coltivato con pazienza e rispetto che
un giorno – spero più lontano possibile! – lascerò a chi so che li amerà come
li amo io.
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